Gli Abbracci Che Mi Mancano.
Il 2020 sarà l’anno del vuoto fisico. Il virus mi ha rubato il contatto fisico e gli abbracci.
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Il ricordo più dolce che conservo nella memoria è l’abbraccio al mio papà.
Sono così piccola che devo stare in piedi su una sedia per abbracciargli forte la testa .
Durante quegli abbracci che volevano dimostrare tutto il mio bene, sentivo il sangue scorrere nelle vene e inondarmi di calore.
Quel calore era l’amore che provavo e che ricevono. Perché nell’abbraccio si dona e si riceve.
Poi sono cresciuta, ma abbracciare è sempre stato un mio modo speciale, di comunicare.
Questo Covid mi ha rubato la forma espressiva più spontanea e gioiosa, l’abbraccio.
Per il sorriso, mi sono organizzata con la mascherina in plexiglas, ma per gli abbracci devo aspettare.
Prima del Covid, abbracciavo tutti . Un abbraccio pieno e avvolgente, o delicato e appena accennato.
Ho abbracciato per dimostrare felicità e gioia , per tenerezza e vicinanza o per augurare forza. Ho anche donato con l’abbraccio , un luogo sicuro in cui piangere.
Ho abbracciato ogni persona che sentivo avrebbe accettato quel contatto, a volte rispettoso e affettuoso , a volte travolgente.
L’abbraccio è veicolo di molto messaggi emotivo: ti voglio bene, ti apprezzo, , non sei solo , ho compreso , ce la puoi fare, sono con te.
Ora, davanti ad una persona, mi trattengo, spengo lo slancio interiore che sento . Mi fermo.
Non vedo l’ora che tutto questo sia superato, passato, digerito, per poter tornare a scambiaci contatti, strette di mano e abbracci.
Abbiamo bisogno di entrare in contatto, di sentirci, di abbracciarci.
Aspetto con diligenza il poter abbracciare con forza o delicatezza , di poter essere porto o gioia, di potere dimostrare e vivere la nostra fisicità latina.
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